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Filologia in pillole - 9. La filologia medievale e umanistica

2025-03-31 18:02

Claudia Pandolfi

Filologia,

Abbiamo accennato al fatto che, attorno al XVIII-XIX secolo, nacquero nuove filologie (v. 3. La filologia letteraria e la sua funzione principale), ov

Abbiamo accennato al fatto che, attorno al XVIII-XIX secolo, nacquero nuove filologie (v. 3. La filologia letteraria e la sua funzione principale), ovvero la filologia germanica, le filologie romanze e la filologia mediolatina: nuove filologie, che, ovviamente, cambiando il campo di indagine, non potevano non necessitare di un affinamento e di un cambiamento dei metodi elaborati nell’ambito della filologia classica.     A noi interessa ovviamente parlare della filologia mediolatina, la cui prima cattedra universitaria fu istituita a Monaco di Baviera nel 1902, e attribuita a Ludwig Traube, che aveva già curato l’edizione del III volume dei Poetae Latini Aevi Carolini / Poeti latini di età carolingia, e partecipato alla preparazione dei primi due volumi della stessa pubblicazione, nell’ambito delle iniziative promosse dai Monumenta Germaniae historica (istituzione fondata nel 1819). La disciplina era stata però coltivata già a partire dal XVI-XVII secolo, per impulso di studiosi e istituzioni non universitarie: abbiamo gli atti dei concili ecumenici, Concilia generalia  Ecclesiae catholicae, pubblicati a cura della Curia vaticana negli anni 1608-1612; a seguire, gli Acta sanctorum Ordinis S. Benedicti, pubblicati negli anni 1668-1701; e ancora la grande opera di L. A. Muratori, Rerum Italicarum scriptores, che tratta degli scrittori fra il 500 e il 1500, in venticinque volumi pubblicati dal 1723 al 1751.     Ebbene, laddove la filologia classica ha come campo di indagine testi che non hanno conosciuto altra via di trasmissione se non la copiatura manoscritta, che sono trasmessi da copie sempre molto distanti cronologicamente dagli ‘originali’, e che hanno generalmente un numero abbastanza ridotto di testimoni (salvo che, in parte, per gli autori più usati, e soprattutto per i padri della chiesa), la filologia mediolatina deve occuparsi di testi molto spesso trasmessi direttamente dagli autografi, o da copie vicinissime nel tempo e nello spazio; i testimoni sono quasi sempre numerosissimi; la lingua è soggetta a variazioni notevoli da luogo a luogo e da epoca ad epoca; i testi sono di genere molto diverso fra loro; e infine, se possiamo supporre che i copisti si sforzassero di riprodurre fedelmente i testi degli autori antichi o dei testi sacri, è presumibile (e ne abbiamo prove) che il loro atteggiamento nel trascrivere testi di autori coevi fosse molto più libero.    Con l’affermarsi della stampa, la situazione – com’è ovvio – cambia ulteriormente.  La filologia mediolatina – o filologia latina medievale e umanistica – si occupa dunque di testi e di forme di trasmissione molto diversi rispetto alla filologia classica: si trova di fronte a problemi diversi, e ha la necessità di adattarne i metodi.  Si tratta di questioni molto complesse, su cui esiste una vasta bibliografia e su cui la discussione è tuttora aperta: è però universalmente riconosciuto che il cosiddetto metodo del Lachmann, pur costituendo un validissimo punto di partenza, non può costituire la risposta.  Per i testi medievali è comunque opinione diffusa che sia imprudente promulgare norme generali e rigide per la preparazione delle edizioni, perché, a seconda dei testi e delle epoche, gli editori sono obbligati a mutare il metodo di approccio e il modo di utilizzare i documenti reperiti.  Per i testi a stampa, si riconosce che la realizzazione di edizioni critiche non può prescindere dalla conoscenza di tutti i particolari della produzione libraria, e dalla conoscenza dei materiali, degli strumenti, delle procedure e dell’organizzazione del lavoro tipografico; né può fare a meno della catalogazione degli stessi testi e di una ricca informazione bibliografica. La filologia delle stampe ha una specificità rispetto alla filologia dei manoscritti, richiede conoscenze e metodi di analisi diversi. Pionieri in questo settore sono stati i filologi inglesi, che hanno affinato i loro strumenti in relazione ai problemi posti dalla pubblicazione delle opere di Shakespeare, il loro autore più rappresentativo, la cui tradizione è costituita appunto da stampe. In Italia, solo negli ultimi anni si è posto con sufficiente determinazione il problema.  Va aggiunto infine che, per diversi testi, una valutazione compiuta non può prescindere da con le filologie romanze e la filologia germanica. Sono stati ad esempio riconosciuti filoni comuni nella maggior parte delle opere in francese del XII secolo e nelle opere analoghe in latino: il che rende indispensabile studiare gli scritti francesi in rapporto a quelli latini coevi. E lo stesso vale per le altre letterature romanze e per quelle germaniche.