Alla morte di Carlo Magno, il suo impero rivela tutta la sua fragilità, e, nell’887, la deposizione dell’ultimo dei carolingi, Carlo il Grosso, ne segna la disgregazione. Segue un secolo segnato da confusione politica, turbamento sociale, nuove invasioni barbariche, e segnato anche dalla rovina della vita religiosa e morale, dalla decadenza del papato e di gran parte dell’alto e basso clero. Il primo millennio si conclude con l’effimera realizzazione dell’idea – vagheggiata per tutto il Medioevo – di rifondare l’antica autorità dell’impero romano caratterizzandola cristianamente: la dinastia degli Ottoni (930-1002) sembra infatti poter far rivivere il sogno politico di Carlo Magno, ma il tentativo si rivela destinato a fallire, assumendo in qualche modo anche il valore simbolico del definitivo tramonto di un’epoca, e preannunciando un nuovo periodo storico. Da allora in avanti, la Chiesa e l’Impero passano infatti a posizioni antitetiche, e, a partire dalla metà dell’XI secolo, l’idea di un potere centrale si attenua a causa degli sviluppi della formazione dei Comuni. Come conseguenza, in quest’epoca si moltiplicano gli studi giuridici, e fioriscono opere polemiche in cui sono contrapposti Impero e Chiesa, Impero e Comuni; si diffonde una grande aspirazione alla libertà e si intensifica la partecipazione individuale alla vita sociale. Fatti nuovi e importanti sono inoltre le crociate, la fondazione e lo sviluppo delle università, l’emergere di nuovi orientamenti del pensiero europeo. Infine, a partire dall’XI secolo (soprattutto in Francia), sono ormai vive le letterature romanze. - Le crociate portano ad una copiosa produzione di tipo ‘cavalleresco’, sia in latino che nelle diverse lingue nazionali, e portano soprattutto all’intensificarsi dei legami col mondo arabo e bizantino. Per la mediazione araba, l’Occidente viene a contatto più diretto con la filosofia greca (prima conosciuta quasi esclusivamente attraverso le citazioni e gli adattamenti della Patristica); la conoscenza del mondo bizantino porta inoltre ad un più libero accesso alla produzione letteraria dei Greci nel suo complesso. Inizia – e si intensifica verso la metà del XII secolo – l’attività dei ricercatori di opere greche e, a Costantinopoli e nell’Italia meridionale, soprattutto in Sicilia si recuperano numerose opere che si ritenevano scomparse, o di cui addirittura si ignorava l’esistenza. Questi testi vengono resi accessibili mediante un’intensa attività di traduzioni: dall’arabo in latino (soprattutto in Spagna, ma anche in Sicilia); dal greco al latino (soprattutto in Sicilia e nell’Italia meridionale); dall’arabo in ebraico. Con le traduzioni, penetrano ovviamente nella cultura latina nuove conoscenze: conoscenze favorite all’inizio anche dalla Chiesa, in quanto volte ad una ricostruzione storica ‘oggettiva’ del pensiero classico; fortemente osteggiate poi dalla stessa nel momento in cui, a partire da esse, ci si volge ad una elaborazione personale, ‘soggettiva’, sui testi (così fu, ad esempio, per gli scritti di Averroè, 1126-1198, sicuramente il più celebre dei commentatori arabi di Aristotele del XII secolo). Di Aristotele, non si conosceva che la Logica vetus (cioè le Categoriae), nella traduzione di Boezio; nel XII secolo – più precisamente fra il 1121 e il 1158 – appare la versione delle altre opere. - Quanto alle università – la cui fondazione dipende il più delle volte dall’autorità ecclesiastica –, ciò che le caratterizza fin dall’inizio sono la libertà e l’autonomia, garantite da speciali statuti. Fra gli studenti, oltre agli ecclesiastici, penetrano sempre più numerosi i laici, tanto che il termine clerici perde il suo significato specifico e passa ad indicare semplicemente “persone colte”: per molti studenti, la frequenza all’università diventa anche un periodo di esperienze e di viaggi (i cosiddetti clerici vagantes, o, in accezione più negativa, goliardi). Appunto le esperienze dei goliardi sono oggetto di un particolare tipo di poesia – poesia goliardica –, nuova sia per la molteplicità dei motivi che per il tipo di metrica utilizzata: la raccolta più famosa è rappresentata dai Carmina Burana. - Per quanto riguarda i nuovi orientamenti del pensiero, la filosofia platonico-agostiniana viene sostituita da quella aristotelica, e trasformata – nel XII secolo – nella filosofia ufficiale della chiesa; si assiste ad un notevole sviluppo degli studi scientifici; la poesia ‘rinasce’ ed acquista nuovo vigore. E’ la seconda metà dell’XI secolo a segnare, per il mondo latino-occidentale, l’inizio del movimento di rinascita: l’agricoltura migliora le sue tecniche e contribuisce sempre meglio a tenere lontano dall’Europa lo spettro della fame; l’incremento demografico, favorito dal lungo periodo di relativa tranquillità, favorisce l’esplosione del chiuso sistema feudale; l’artigianato è costretto ad aumentare la produzione; i mercanti riprendono con rinnovato slancio i loro traffici: tutta la febbrile attività che agita l’Europa sembra trovare la sua manifestazione più appariscente nel rifiorire delle città, scomparse o rimaste prive d’importanza fra VII e X secolo. La città diventa il nuovo centro della vita associativa, si forma e prospera la borghesia, si afferma e si attesta la nuova cultura. Con l’XI secolo, la cultura cessa di essere chiusa nelle abbazie e nei monasteri, e, fin dalla prima metà del XII secolo, l’insegnamento, pur continuando ad essere controllato dai ‘chierici’, si orienta verso la forma ‘moderna’ che assumerà ben presto nelle università. Il centro della cultura resta sempre la teologia, ma, tra XI e XII secolo, la preoccupazione dominante degli intellettuali sembra essere quella di rinnovare lo studio e l’insegnamento della ‘scienza di Dio’, e la dialettica si fa sempre più strada, e, strutturata come strumento atto ad analizzare ogni cosa, investe anche il campo del dogma. Contrariamente alla cultura tradizionale, la dialettica acuiva nell’individuo il gusto per l’indagine spregiudicata, e soprattutto portava a riconoscere il valore della ragione, che sola può rendere padroni della verità: in questo, essa si rivelava come la scienza più all’altezza dei tempi nuovi, la scienza della nuova classe sociale, la scienza ‘cittadina’ per eccellenza, come ‘cittadina’ era la nuova cultura. Gli strumenti che gli studiosi dell’XI e inizio XII secolo avevano a disposizione erano ancora scarsi e inadeguati – all’incirca gli stessi dei secoli precedenti –; e solo nella seconda metà del XII secolo il mondo occidentale poté valersi – grazie ai sempre più ampi contatti con l’Oriente e grazie all’attività dei traduttori dall’arabo – di nuovi testi e nuovi strumenti: ma è nel periodo a cavallo fra XI e XII secolo, e nei primi decenni del XII, che vengono gettate le basi per il trapasso dagli studi dalla fase del commento e del compendio alla fase della ricerca originale, fondamento della cultura moderna. Anche dal punto di vista delle istituzioni il panorama culturale appare in evoluzione: le scuole cattedrali (o episcopali) delle città, ovvero le scuole fondate presso la chiesa cattedrale o la sede del vescovo (episcopium), si moltiplicano, sostituendo quelle monastiche o abbaziali, che dipendevano dall’abate e avevano come maestri i monaci. Nelle scuole cattedrali, gli insegnanti, sotto la vigilanza del vescovo, assumono un’importanza del tutto nuova: non sono più lettori, ripetitori e commentatori di testi altrui; e schiere di giovani cominciano a spostarsi da un paese all’altro per seguire quelli riconosciuti come ‘maestri’, contribuendo così a far circolare la cultura, ad abbattere barriere e pregiudizi, a portare aria nuova. Nella letteratura del XII secolo abbiamo grandi personalità, che si cimentano spesso in generi diversi, e una grande fioritura di tutti i generi letterari. In campo enciclopedico, i due nomi principali sono quelli di Ugo di San Vittore e di Alessandro Neckam, ma va ricordato anche Teodorico di Chartres: se Isidoro è un convinto assertore della corrispondenza fra il piano del linguaggio e quello del reale, e considera lo studio etimologico del lessico come la chiave d’accesso privilegiata alla conoscenza delle cose, è infatti Teodorico a riprendere e sviluppare una concezione simile, sostenendo che i nomi e le forme essenziali delle cose – uniti nella mente divina – sono legati da un vincolo di dipendenza reciproca. E sempre nel XII secolo si colloca anche l’Hortus deliciarum di Herrada di Landsberg (v. – L’amore e la consapevolezza di sé: parole di donne fra XI e XII secolo). Ugo di San Vittore (1096ca –1141) Forse di origine sassone, Ugo giunge a Parigi in giovane età; verso il 1118 entra nell’abazia agostiniana di San Vittore, dove è allievo del teologo e filosofo Guglielmo di Champeaux, fondatore della scuola abbaziale. Ugo inizia il suo insegnamento intorno al 1125, e nel 1133 diviene priore della scuola, di cui è uno dei principali maestri. La sua opera principale è il De sacramentis christianae fidei (I sacramenti della fede cristiana), che rappresenta la prima grande summa teologica medievale, e che si propone di arrivare alla comprensione delle Scritture attraverso la distinzione fra storia e allegoria, ovvero fra senso letterale e senso profondo. Altri scritti sono di contenuto mistico; altri, infine, riguardano in senso lato l’insegnamento della filosofia. Fra questi ultimi, un ruolo ed una fortuna particolari ebbero gli Eruditionis didascalicae libri septem (Sette libri di erudizione didascalica), comunemente noti come Didascalicon. Il Didascalicon, composto da Ugo agli inizi dell’incarico di insegnante, rappresenta di fatto una versione ideale del programma di studi medievale, ma è anche una disquisizione sulla natura della filosofia, che per Ugo è la disciplina volta a ricercare in modo comprensivo l’idea delle cose, dell’umano e del divino, e il suo compito non è di ordine esclusivamente razionale-teoretico, perché essa deve fungere da supporto nel cammino di ricerca e conquista della sapienza. L’amore per la sapienza è un’illuminazione dell’intelletto umano da parte della sapienza divina – una sorta di richiamo da parte di Dio –: e dall’incontro delle anime umane con questa sapienza divina trae origine la verità delle speculazioni e delle riflessioni, e anche l’onestà e la purezza delle azioni umane. Il bene superiore deve essere perseguito mediante lo studio degli aspetti teoretici di tutte le branche del sapere, e tutte le conoscenze dell’uomo presentano una loro validità: nulla di inutile è presente nel sapere; scienza profana e scienza sacra, fede mistica e ricerca razionale non devono essere contrapposte, ma occorre cercare di stabilire fra loro un equilibrio armonico, e la filosofia ha in sé la capacità di farlo. La filosofia è amore di quella sapienza divina che, nella sua assoluta perfezione, è l’unica causa prima e originaria di tutte le cose esistenti. Le Arti liberali – scrive Ugo – «si propongono tutte il fine di ripristinare la nostra somiglianza con Dio»; la filosofia è «arte delle arti e disciplina delle discipline» (II, 1). «La filosofia si suddivide in teoretica, pratica, tecnica e logica: queste sue quattro parti insieme comprendono tutte le scienze umane» (II, 2). La filosofia teoretica corrisponde infatti all’indagine speculativa, che si suddivide in teologia, matematica e fisica, e la matematica comprende l’aritmetica, la musica, la geometria e l’astronomia; la filosofia pratica, che studia le azioni umane, corrisponde all’etica; la filosofia tecnica studia le attività del lavoro umano; la logica o scienza del discorso, infine, comprende la grammatica, la dialettica e la retorica. «Le sette arti liberali sono, per così dire, ottimi strumenti e conoscenze basilari con le quali si prepara allo spirito umano la via verso la comprensione della verità filosofica: furono chiamate appunto col nome di trivio e quadrivio, perché sono simili a vie, attraverso le quali le persone di vivace intelligenza possono raggiungere il santuario della sapienza» (II, 3). «Le tecniche umane comprendono sette scienze: la lavorazione della lana, la costruzione delle armi, la navigazione mercantile, l’agricoltura, la caccia, la medicina, gli spettacoli teatrali. Tre di queste scienze riguardano la difesa esterna che offriamo alla vita umana per proteggerla da ogni possibile danno e disturbo; quattro riguardano il rafforzamento interno che procuriamo alla nostra vita come suo alimento e sostegno. Si presenta così una somiglianza con le arti del trivio e del quadrivio, poiché nel trivio si fa riferimento alle parole, che si trovano all’esterno di colui che le pronuncia, mentre nel quadrivio ci si occupa di nozioni, che sono contenute nell’interno della mente» (II, 20). La teorizzazione del discorso sulle Arti, connesso all’idea che scienze sacre e scienze profane formino una unità del sapere, articolato nei modi paralleli della illuminazione/rivelazione e della investigazione, concorrendo entrambe al raggiungimento della vera sapienza è già ben presente in Boezio e Cassiodoro; con le medesime finalità, Isidoro aggiunge alle sette Arti la medicina, la teologia, la biologia, l’architettura, abbracciando con la sua ‘enciclopedia’ un sapere ben più ampio. Riprendendo quasi alla lettera Isidoro, Ugo afferma: «Arte può essere detta ogni particolare forma di sapere che si basa su specifiche regole e norme, come ad esempio l’arte della scrittura; per disciplina s’intende un sapere completo, come quello che si esprime in un insegnamento dottrinale. Si dice pure arte quando la trattazione concerne un oggetto verosimile e opinabile; si dice disciplina, invece, quando la trattazione concerne un argomento che viene spiegato con ragionamenti esatti e che non può essere interpretato in modo diverso. Platone e Aristotele hanno riscontrato appunto queste distinzioni tra arte e disciplina. Sotto un altro aspetto si può chiamare arte quel sapere che ha come proprio oggetto qualche materiale corporeo e che si esplica in un modo di operare su di esso, come ad esempio avviene nell’architettura; si dice invece disciplina quel sapere che si fonda sulla speculazione intellettuale e si sviluppa nel solo ragionamento, come avviene ad esempio nella logica» (II, 1). L’originalità di Ugo risiede nell’aver incluso all’interno del sapere anche le arti “meccaniche” – ovvero le discipline tecniche necessarie al sostegno della vita corporale – come branca integrale della filosofia: e un ulteriore elemento di originalità è rappresentato dal fatto che fra queste, come s’è visto, sono inclusi anche l’arte dello spettacolo e il commercio. In relazione a quest’ultimo, a testimonianza della rivoluzione commerciale che stava scuotendo l’Europa unendola al resto del mondo, Ugo scrive: «La navigazione commerciale giunge fino nei luoghi più remoti del mondo, s’accosta a lidi mai visti, esplora spaventose terre selvagge e favorisce le relazioni umane persino con i popoli barbari, superando anche gli ostacoli delle lingue straniere. L’esercizio del commercio unisce i popoli, placa le guerre, consolida la pace e trasferisce i beni dal possesso privato al vantaggio comune di tutti». Oltre a tutto ciò, è infine presente in Ugo un abbozzo di riorganizzazione del testo enciclopedico: se infatti la tradizione precedente aveva codificato un criterio di organizzazione del materiale fondato sugli argomenti trattati e sulle gerarchia empirica delle discipline e della materia, oppure sulla visione del mondo veicolata dalla filosofia neoplatonica, oppure sullo schema dei sei giorni della Genesi (da notare che anche molti commentari della Genesi possiedono una dimensione di libri de natura rerum, che li rende prossimi al genere enciclopedico, a partire dall’Hexaemeron di Ambrogio; e c’è tutta una letteratura ‘dei 6 giorni’ che è di fatto a carattere enciclopedico), nel Didascalicon c’è di fatto un nuovo metodo di accesso e di utilizzo dei testi, senza voler dare una chiave di lettura del cosmo, anche se un vero e proprio riassetto sulla base della partizione aristotelica delle discipline negli insiemi della Teorica, della Pratica e della Logica, si compirà solo nel XIII secolo, con Vincenzo di Béauvais e Brunetto Latini.