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Trotula 5. La letteratura ginecologica e la genesi della "Trotula"

2024-06-10 16:13

Claudia Pandolfi

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Trotula 5. La letteratura ginecologica e la genesi della "Trotula"

Entriamo ora nel campo più specifico della letteratura ginecologica, ed è chiaro che, per affrontare in maniera esaustiva un discorso che ci introduce

Entriamo ora nel campo più specifico della letteratura ginecologica, ed è chiaro che, per affrontare in maniera esaustiva un discorso che ci introduce appieno sul terreno medico, occorrerebbe essere esperti in storia della medicina: non avendo le competenze necessarie, mi limiterò a qualche accenno generico, con tutti i margini di approssimazione che questo necessariamente comporta.  

La letteratura ginecologica dell’Europa occidentale precedentemente al tardo XI secolo era fondamentalmente rappresentata dall’antica tradizione ippocratica, incarnata da un corpus di trattati anonimi greci del V/IV secolo a. C., circolanti sotto il nome di Ippocrate (V/IV secolo a. C.), tuttora considerato come il padre della medicina, e tradotti parzialmente in latino già dal II secolo a. C., nonché dalle numerose relative ‘filiazioni’.  

Per la genesi della Trotula,  con i suoi libri Sulle malattie, Sui trattamenti e Sulla cosmetica, più importanti dell’insieme di testi ippocratici furono però le nuove teorie e pratiche mediche provenienti dal mondo arabo con l’introduzione in occidente della medicina galenica, e le tradizioni che si erano sviluppate localmente nell’Italia meridionale.  

Per quanto concerne  la medicina galenica, a partire dal VII secolo almeno centoventinove dei quattrocento trattati di Galeno, il più insigne medico dell’antichità dopo Ippocrate, (II/III secolo d. C.) erano stati tradotti dal greco in lingua araba, e la medicina araba aveva creato quella che potremmo chiamare una specifica ginecologia galenica, che, portando in sé l’impronta distintiva dei suoi ideatori arabi e musulmani, fondeva le teorie del ‘maestro’ con le terapie del medico greco Sorano di Efeso (II secolo d. C.), introducendovi originali contributi terapici nonché innovative preparazioni farmaceutiche. Sia il libro Sulle malattie che quello Sui trattamenti si conformano in gran parte ai precetti generali di Galeno, ma sono di fatto molto diversi fra loro: il Liber de sinthomatibus mulierum – che, riservato quasi interamente alle malattie femminili, presta particolare attenzione a concepimento, gravidanza, parto e cure neonatali, configurandosi come un manuale di ginecologia e ostetricia plausibilmente di uso strumentale – riflette infatti notevoli conoscenze teoriche e presenta grande confidenza col materiale arabo, facendo propri anche gli interessi più speculativi e filosofici della medicina araba; il Liber de curis mulierum rappresenta invece una collezione disorganizzata di cure empiriche tenuta insieme da un sottile involucro teorico, la cui origine va ricercata nelle teorie e pratiche mediche dell’antichità greco-romana, senza le benché minima traccia di influenza araba; a livello pratico, esso rispecchia una tradizione fondata sull’esperienza e sulla pratica, probabilmente affidata all’oralità; a livello stilistico, infine, è totalmente privo di eleganza retorica.  

Quanto alla Cosmetica delle donneDe ornatu mulierum – il libro rappresenta una sorta di sintesi, o meglio un punto di intersezione fra le due diverse ‘culture’ che sottendono il Libro sulle malattie delle donne e quello sui Trattamenti. Non partecipa di alcun sistema teorico di interpretazione, ha un principio organizzatore che consiste nella sistemazione dei cosmetici in un ordine che procede dalla testa al tallone del corpo umano, ed è l’unico dei tre testi dotato di una certa raffinatezza compositiva.  

I tre libri parrebbero insomma avere caratteristiche generali molto diverse, e molto difficilmente riconducibili ad un’unica mano: più scientifico il primo, più organizzato ed elegante il terzo. Molte sono state le ipotesi avanzate sulla ‘paternità’ o ‘maternità’ dei singoli (La Green, ad esempio, attribuisce ad un medico uomo la stesura del trattato sulla Cosmetica), e non sempre concordanti sono le conclusioni relative al ‘ruolo’ di Trota – o Trotula che dir si voglia – nella loro composizione, anche se oggi da molte parti si sostiene che, pur se redatti da altri, i tre trattati tramandino comunque i princîpi fondamentali della dottrina di Trotula. Una cosa però parrebbe certa: ovvero che riconducibile a lei e alla sua attività sia senza alcun dubbio il Liber de curis mulierum / Libro sui trattamenti delle donne. La prova di ciò – supportata peraltro dall’attribuzione a lei del trattato fin dai più antichi manoscritti, e indirettamente confermata da un esame ‘stilistico’–  starebbe nel fatto che La medicina pratica, sicuramente di Trota (Practica secundum Trotam), e i Trattamenti delle donne possiedono ben quindici rimedi in comune, che si sovrappongono perfettamente (v. 3. La Trota reale e la Trotula leggendaria).

  

Un’ultima annotazione:  

basandosi sul fatto che sia nella Practica che nei Trattamenti sono presenti riferimenti precisi al medico salernitano Cofone, la cui attività si colloca presumibilmente nel primo XII secolo, alcuni studiosi hanno legittimamente proposto di collocare anche Trota/Trotula alla medesima altezza cronologica. A ulteriore testimonianza di quanto poche possano essere le certezze su questa importante figura di donna, la collocazione di Trota al XII secolo, pur risultando in accordo con la maggior parte dei riferimenti alla sua persona in precedenza riportati (dall’importante De curatione ai racconti di Maria di Francia e Rutebeuf), contrasta purtroppo con la testimonianza di Orderico Vitale, il quale – come già detto –, nella sua Storia ecclesiastica, pur senza farne il nome, parla di un’unica nobildonna che, in tutta Salerno, fu in grado di interloquire nel 1059 col medico Rodolfo Malacorona, reduce dai suoi studi in Francia (v. anche 3. La Trota reale e la Trotula leggendaria  e 4. Trotula e la “Trotula”).