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Trotula 2.La scuola medica salernitana

2024-06-10 15:47

Claudia Pandolfi

Letteratura femminile, Trotula, Garioponto, Alfano, Le mulieres Salernitane, Abella Mercuriade Rebecca, Trotta,

Trotula 2.La scuola medica salernitana

Non si può parlare di Trotula senza prima parlare della Scuola Medica salernitana, nel contesto della quale la figura di Trotula stessa e gli scritti

Non si può parlare di Trotula senza prima parlare della Scuola Medica salernitana, nel contesto della quale la figura di Trotula stessa e gli scritti a lei attribuiti si collocano.  

 

Le origini della scuola medica salernitana costituiscono un problema storico di fondamentale importanza, soprattutto perché aprono uno squarcio sulla storia dell’intero Mezzogiorno d’Italia, che, per tutto l’arco del Medioevo, venne ridefinendo continuamente il proprio ruolo: area conservativa di elementi qualificanti del mondo antico e bizantino durante il primo millennio e nel corso dell’XI secolo, nel XII secolo il Mezzogiorno è  pienamente investito dai processi di crescita economica, sociale, politica e culturale che accomunano l’Occidente cristiano; non è invece più in grado di mantenere i ritmi di crescita del resto d’Italia nei secoli successivi.  

Salerno rappresenta bene queste tre fasi.  

Dopo i quasi cento anni del dominio bizantino, molto importanti per il suo sviluppo, nel 646 la città passò sotto la dominazione longobarda, godendo per oltre cinque secoli di un grandissimo potenziamento, e continuò a mantenere un ruolo di grande rilievo anche nel secolo successivo sotto i normanni, finché, nel XIII secolo, non iniziò il suo declino.  

Già nel secolo VIII, Salerno si era affermata come centro di commercio e di produzione agricola, e aveva continuato a prosperare fino al XII, forte anche del suo porto, costruito nel secolo XI. Partecipe dei commerci del Mediterraneo, soprattutto col nord Africa musulmano, che comprava il suo grano, il legname, le stoffe di lino, fu una delle città italiane più ricche. Dotata di ben tre acquedotti, costruiti in epoca romana e restaurati dai principi longobardi, ebbe fra l’altro una cultura dell’acqua che ben simboleggia sia il suo benessere oggettivo sia il tipo di attenzione rivolta alla cura della persona: acquedotti, sorgenti, pozzi, fontane pubbliche, bagni pubblici e privati.  

Fin dall’arrivo dei primi normanni, l’Italia meridionale – e dunque anche Salerno – era caratterizzata dalla convivenza di numerose etnie, dai longobardi alle comunità di lingua greca ai bizantini e agli ebrei, e, conseguentemente, era anche un luogo ricco di proficui scambi fra le loro diverse culture: inoltre, sebbene non ci fossero comunità di musulmani residenti, gli scambi commerciali facevano sì che anche la cultura araba fosse ben conosciuta.  

La storia della Scuola medica si intreccia chiaramente con questa realtà e con queste vicende: il benessere e la prosperità di cui la città godeva, il tipo di comunità vivace che la popolava, nonché l’ampia rete di commercio internazionale che vi faceva capo,  se  pure  non possono spiegare perché proprio a Salerno si sia verificato il grande ed improvviso sviluppo di studi medici, possono quanto meno illuminare la situazione in cui quello sviluppo prese corpo.     

 

La Scuola medica salernitana è unanimemente riconosciuta come la prima vera scuola di medicina fiorita nell’Occidente cristiano, ma, in realtà, sappiamo ben poco sulle sue origini. Secondo gli antichi cronisti, essa avrebbe avuto anticamente quattro maestri fondatori – Elino l’ebreo, Ponto il greco, Adela l’arabo e Salernus il latino –, ma si tratta chiaramente di personaggi inesistenti, di una leggenda che rispecchia in maniera simbolica gli indirizzi culturali successivi della Scuola stessa, col suo intreccio di culture. 

Quanto alle notizie storicamente documentate, esse sono pochissime e poco significative. Di certo, sappiamo che, fra IX e XI secolo, erano già presenti a Salerno testi di medicina, anche se sulla loro provenienza abbiamo solo ipotesi; di certo possiamo affermare che l’apertura dei medici salernitani a più ampi interessi culturali e filosofici è documentabile già prima della fioritura delle traduzioni dal greco all’arabo risalente al periodo fra XI e XII secolo; così come siamo certi del fatto che, già nel corso del X secolo, Salerno e i suoi medici godevano di grande fama in tutta l’Europa carolingia.  

In ogni caso, a prescindere dalle sue origini, è nel secolo XI che Salerno registra una grande fioritura della medicina e che la reputazione della scuola si consolida.  

 

I primi due autori di testi salernitani che hanno una qualche fisionomia sono Garioponto e Alfano.  

Garioponto (o Guarimpoto) fu attivo nella prima metà del secolo XI, e, sebbene non sia ben chiaro in che misura i suoi scritti siano qualcosa di più di semplici edizioni più accurate di miscellanee mediche già da tempo circolanti in Europa, in lui si avvertono comunque tracce di quella trasformazione intellettuale che diede forma agli insegnamenti originali dei maestri salernitani. Suo è anche l’enciclopedico Passionarius, ovvero un trattato sulle malattie, basato sulla tradizione greca e sulle relative traduzioni latine, in cui risultano però inseriti tutta una serie di vocaboli di uso volgare: il che attesta come il suo insegnamento fosse rivolto a laici, che, poco esperti di latino, necessitavano della volgarizzazione dei termini più importanti.  

Due decenni più tardi, fu Alfano a giocare un ruolo importante per lo sviluppo teorico della medicina salernitana: vissuto fra il 1015 e il 1085, fu prima monaco a Cassino e poi arcivescovo di Salerno; non era medico di professione, ma aveva cultura medica e, con i suoi trattati medici e le sue traduzioni dal greco, diede un grandissimo contributo alla formazione e alla crescita della Scuola. Il suo interesse per gli aspetti teoretici dell’arte medica è già documentato prima dell’arrivo a Salerno dell’africano di lingua araba Costantino (probabilmente un mercante di spezie), di cui Alfano divenne mecenate: incoraggiato da Alfano, Costantino tradusse dall’arabo al latino almeno venti testi di medicina, e questi testi cambiarono profondamente l’orientamento della medicina salernitana.  

 

Quanto alla reputazione della Scuola, a partire dal secolo XI non fa che crescere ulteriormente nei due secoli successivi, e soprattutto nel XII: gli stessi fattori che avevano fatto di Salerno un importante centro politico e commerciale contribuiscono infatti a renderla uno snodo centrale anche nella circolazione di credenze mediche e di prodotti farmaceutici del bacino mediterraneo; né va dimenticata la presenza di una popolazione sufficientemente ricca per onorare i servizi offerti da medici professionisti sempre più raffinati, così come l’afflusso di visitatori provenienti da ogni parte, indotto dalla crescente reputazione della città in ambito medico.  Il secolo XII rappresenta sicuramente il periodo di maggior vigore della medicina salernitana, che vede non solo il recupero della filosofia aristotelica e la ripresa del collegamento fra medicina e filosofia (secondo la tradizione greca e araba), ma anche lo sviluppo dell’insegnamento della medicina attraverso l’attività di medici-maestri dotati di grande carisma, alcuni dei quali provenienti dalla Francia.  

L’insegnamento assunto dalla medicina salernitana in questo secolo, grazie anche alla presenza dei maestri francesi, è caratterizzato da profonde differenze con la tradizione precedente, tanto che alcuni studiosi parlano di rottura di continuità: più correttamente, c’è chi invece non coglie alcuna rottura, ma riconosce ai medici salernitani l’autonoma capacità di innestare felicemente sulle tradizioni locali nuovi stimoli e nuove conoscenze.  

 

Così come riguardo alla sue origini, anche per quanto concerne l’organizzazione della Scuola medica salernitana siamo in gran parte costretti a rimanere nel campo delle ipotesi. 

Nel parlare della Scuola del XII secolo, gli storici parlano oggi di una comunità informale di maestri e discepoli, perché solo nel XIII secolo si ha notizia di gruppi legalmente costituiti. Fino al XII secolo, ci sarebbero state scuole private di medicina collegate fra loro.  

Il passaggio ad una vera e propria organizzazione di tipo universitario avvenne dunque nel XIII secolo, e avvenne non per iniziativa degli studenti o dei maestri riuniti in corporazione (come a Bologna o  Parigi), bensì per volontà di Federico II, successivamente alla fondazione dello Studio di Napoli nel 1224. 

In nessuno degli atti relativi a Salerno appare il termine Studio: nemmeno nell’atto del 1241 con cui il sovrano emanava disposizioni sul piano degli studi, che prevedeva tre anni di logica e cinque di medicina e chirurgia. Senza dubbio, però, era comunque operante un ordinamento di tipo universitario con due facoltà: quella di medicina, e quella ad essa propedeutica di arti, in cui si studiava appunto la logica.  

Senza entrare nel merito delle varie considerazioni e delle scelte politico-territoriali operate da Federico II e dai successivi sovrani,  certo è che la concorrenza di Napoli non giovò a Salerno, e che, assieme a quello della città, anche la Scuola subì un progressivo declino.  

 

Avendo poche certezze sul modo in cui la Scuola era organizzata, risulta molto difficile sciogliere il dilemma se fosse una scuola monastica o una scuola laica: anche se, ad un livello più ampio, è vero che, sul finire del secolo XI, iniziò a sgretolarsi l’associazione tradizionale di chierico e medico, e i medici noti del XII secolo furono per la maggior parte laici. Peraltro, circoscrivere l’irripetibile esperienza salernitana alla sola cultura laica o alla sola cultura monastica non potrebbe che essere riduttivo, e poco rispondente ad una realtà tanto aperta e vivace come quella descritta.  

Simbolicamente, Garioponto e Alfano, un laico e un vescovo, bene testimoniano – credo – di questa apertura e di questa libertà culturale dell’ambiente: un ambiente in cui greci e latini, arabi ed ebrei, monaci e laici furono in grado di operare fianco a fianco, unendo le loro conoscenze; e un ambiente in cui si colloca perfettamente la presenza e l’attività di un nutrito numero di donne.  

 

Delle donne legate alla Scuola, le cosiddette mulieres Salernitanae, parla spesso il maestro della Scuola stessa Bernardo Provenzale nel suo Commentarius / Commentario, della seconda metà del XII secolo, raccontando che preparavano i cosmetici per le donne della nobiltà, informandoci sulle loro ricette e accusandole talvolta di ciarlataneria: sono donne ‘innominate’, la cui presenza è però confermata anche da testimonianze successive, relative a donne nate o vissute presumibilmente a Salerno fra XII e XIV secolo ed esperte in medicina.  

Fra queste testimonianze va ricordata, nel XVII secolo, la Historiarum epitome de rebus Salernitanis di Antonio Mazza, priore della Scuola, il quale scrive che in essa «fiorirono, insegnando […] e tenendo lezioni, Abella, Mercuriade, Rebecca, Trotta, che alcuni chiamano Trotula»: e, se Abella, Mercuriade e Rebecca hanno conosciuto ben poca fama, non altrettanto si può certo dire per Trotula, che, secondo una lunga tradizione, sarebbe stata la più famosa delle mulieres Salernitanae, e che, a partire dal XIII secolo, ha finito col diventare una figura quasi leggendaria, entrando anche nel mondo della letteratura e del folclore.