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Il passato nel presente: tra interesse, conoscenza e divulgazione

2021-02-02 17:39

Claudia Pandolfi

Il passato nel presente, cultura disinteressata, cultura e tradizioni antiche,

L’istruzione ‘disinteressata’, ovvero lontana da ogni scopo utilitaristico, è stata, nel tempo, contrassegno delle élites dirigenti: caratteristica di

 

 

 


 

 

L’istruzione ‘disinteressata’, ovvero lontana da ogni scopo utilitaristico, è stata, nel tempo, contrassegno delle élites dirigenti: caratteristica di una superiorità di funzione e di classe.
In anni più recenti, però, il profilo di queste élites è decisamente cambiato: soprattutto in campo politico, si è infatti assistito all’ascesa di persone de-culturalizzate, sulla base dell’assunto che meno un politico manifesta cultura e più appare rappresentativo.

Contestualmente, è aumentato il cosiddetto analfabetismo di ritorno, ovvero quel fenomeno per cui percentuali sempre più alte di cittadini, pur avendo frequentato regolarmente la scuola obbligatoria, si ritrovano a non avere competenze adeguate per scrivere, leggere e comprendere appieno ciò che leggono o ascoltano; inoltre, ciò che è peggio, il vocabolario generale si è impoverito, l’organizzazione testuale è sempre più spesso incompresa, si è pressoché azzerato il tempo dedicato alla lettura… e c’è addirittura una sorta di autocompiacimento per i propri limiti.

In stretto rapporto con questo autocompiacimento è poi la crescita numerica di quanti si sentono autorizzati a guardare con sospetto, a sminuire, o peggio a disprezzare chi ha studiato e vuole continuare a studiare.

Si è in qualche modo perso il senso del valore da dare alla cultura, e la cultura ‘disinteressata’ è diventata addirittura un disvalore: tutto il retaggio umanistico ha finito così con l’essere considerato ‘inutile’. 
Nel contesto utilitaristico in cui viviamo, per cui qualsiasi attività è valutata in funzione del suo utilizzo pratico e del guadagno, fra i giovani – e non solo – si è via via affermato un secco rifiuto, un radicale rigetto, di quanto ha a che fare con gli studi umanistici e, più in generale, con la visione del mondo e con i valori morali e politici che per secoli hanno segnato la nostra civiltà. 
La storia, la storia dell’arte, la filosofia, la letteratura e la poesia, per non parlare del latino e del greco, sono stati per così dire delegittimati, e il passato è diventato sempre più qualcosa di irrilevante.

Ciononostante, paradossalmente, si è dilatato, nella quotidianità, lo spazio concesso al mondo antico, usato come strumento di recupero inconscio della nostra storia identitaria. 
Basti pensare, ad esempio, all’interesse sempre più vasto rivolto alla cucina dei nostri antichi progenitori Romani: proliferano manifestazioni, mostre, libri, ricettari, ecc., in cui l’alimentazione dell’antica Roma è saldamente riferita alla nostra identità, e che in quell’antichità collocano le origini del nostro gusto; allo stesso modo, vengono riesumate parole latine come convivium o symposium, o taberna, per conferire ‘tono’ a locali di ristorazione; sono innumerevoli i ristoranti chiamati Apicius dal nome del più famoso gastronomo romano; si pubblicizzano “menù antichi”; chef più o meno famosi si cimentano con ricette del ricordato Apicio; piatti dell’antica Roma sono stati presenti all’Expo, e potremmo continuare.

Dunque, lo studio delle discipline umanistiche è stato delegittimato, ma la cultura e le tradizioni antiche, con un frainteso concetto di ‘radici’, sono chiamate a soddisfare il generalizzato bisogno di identità che caratterizza la società moderna. 
Ciò comporta un accrescimento del numero di coloro che, pur non essendo esperti in materia, conservano, nutrono, coltivano interessi umanistici, e che, per informarsi, utilizzano prevalentemente Internet. 

 

Sennonché, qualunque sia l’argomento, Internet offre una serie talmente impressionante di informazioni, che spesso si finisce per essere immersi in una sorta di caos disorganizzato, dove ogni contenuto ha la stessa evidenza a prescindere dal suo effettivo ‘valore’, e dove non è quasi mai facile separare e distinguere le informazioni sicure da quelle parzialmente viziate o fuorvianti o totalmente infondate: insomma, per quanto concerne la comunicazione diffusa, la confusione è grande a tutti i livelli.
Si accennava prima all’interesse per la cucina dell’antica Roma. 
Riprendendo l’esempio, fra gli alimenti serviti sulle tavole dei ricchi era molto apprezzata una salsa di pesce chiamata garum: ebbene, se qualcuno fosse interessato a sapere in cosa consistesse questa salsa, una ricerca su Google lo lascerebbe quantomeno disorientato. Troverebbe infatti un numero esorbitante di siti che ne parlano: studi più o meno scientifici alternati ad improbabili e fantasiose teorie, vendite online di salse di pesce e pubblicità di esercizi commerciali con questo nome, pagine di cucina ‘etnica’ che assimilano il misterioso garum a salse ancora in uso nell’estremo Oriente, ricette fornite da vari chef o da cuochi improvvisati… E, se anche si limitasse a cercare in esposizioni ben documentate e in pubblicazioni di buon livello, confrontandole fra loro, potrebbe riscontare errori, imprecisioni ed omissioni, capaci di ‘filtrare’ da un sito all’altro, da una pagina all’altra. 

Perché un 'profano' possa informarsi correttamente ed arrivare ad una qualche certezza di conoscenza, occorre insomma che gli intenti divulgativi non vadano a scapito dell’approfondimento storico: e l'approfondimento storico – di qualunque argomento si tratti – implica il riferimento alle fonti, che vanno identificate, indicate, verificate nella loro autorevolezza; e che vanno fatte parlare per quello che effettivamente sono in grado di dirci, senza forzature di sorta.